Periodo del Carso…

climb carso-8858Non è vero, in effetti sarebbe meglio frequentare questi luoghi in inverno quando fa un po’ più freddo e non si schiatta dal caldo ma per fuggire dalla pioggia abbiamo deciso di rischiare. Val Rosandra, Mišja Peč e Ospo. Tre giorni nei dintorni di Trieste in luoghi spettacolari dove alla fine il caldo è stato tollerabile e si è potuto scalare tutto il giorno. Quando si è in compagnia specialmente quella buona tutto è tollerabile e diventa un divertimento, la fatica scompare e il riposo diventa scherzo cosi si arriva alla sera con le batterie belle scariche. I luoghi che abbiamo visitato sono molto frequentati e si capisce subito il perché, Misja è un paretone strapiombante che mette terrore, vie dure e lunghe; la Val Rosandra offre una miriade di vie e Ospo con il suo grottone è indescrivibile.

climb carso-8879

dove finisce il tetto della grotta e inizia lo strapiombo -Ospo

Abbiamo visto l’esodo di massa verso i lidi marini della costa adriatica sfilando le auto in coda nella direzione opposta, fortunatamente! Ci siamo domandati come si faccia a sopportare una coda in auto, poi una coda a piedi e poi ancora un altra coda in auto; non è una condanna ma una sincera domanda a cui non siamo stati capaci di dare una risposta se non continuando la nostra marcia verso le pareti del Carso. Non abbiamo visto nemmeno una goccia di pioggia e il giro turistico per falesie con annessa vita nomade ci ha fatto scoprire una piccola parte del friuli molto suggestiva, Trieste nonostante sia una grande e caotica città rimane concentrata e non sembra invadere le tranquille zone vicine, complice l’orografia del luogo che la nasconde.

” In tre giorni non provo niente che non sono abbastanza sicuro di salire e mi piace più vedere che provare e ho visto un bel po’ di cose. Il grottone di Ospo ha scavato qualcosa nel mio cervello e vorrei proprio ritornare ad appendermi a quel tetto di stalattiti. Appena ritornerà un po’ di frescura un week-end è d’obbligo!”.

Dolomiti del Sud

pietra del toro-8745

Una cartolina di Pietrapertosa comune vicino a Campomaggiore

Quando vai al sud alcuni dicono che si piange due volte, noi abbiamo pianto solo quando siamo dovuti tornare a casa. Destinazione Campomaggiore più precisamente area boulder Pietra del Toro, come al solito siamo partiti molto presto sabato mattina in modo da non perdere una giornata per il viaggio e poter arrampicare nel pomeriggio. Come da programmi arriviamo a Campomaggiore per l’ora di pranzo e subito abbiamo un assaggio di ciò che ci aspetta, la fornaia del paese ci tira fuori due file di pane ancora caldo che ci mangiamo al volo. Svolte le operazioni di sussistenza, crashpad in spalla e iniziamo l’avvicinamento di una mezz’ora all’area boulder di Pietra del Toro. Entriamo in un pascolo dove le mucche ti fanno compagnia mentre arrampichi su un arenaria molto compatta che crea tacche e prese molto nette completate da movimenti spesso ampi e fisici, una vera figata. Bene, quello che ci aspetta quindi sono blocchi duri passaggi belli e ottimo cibo!

Il primo giorno lo passiamo esplorando tutti i settori con il fiato corto come segugi in caccia a cercare il problema, il blocco, il passaggio di ciò che potrebbe “essere” Pietra del Toro per noi. La sera, troviamo ristoro alla Fattoria del Conte che dopo la prima birra di rito se ne escono con dei pop-corn appena esplosi dalla pentola che si accompagnano alla seconda birra di rito e cosi facendo ci fanno arrivare fino al tavolo dove ci servono un ottima cena.

pietra del toro-8796Il giorno successivo arriviamo con più tranquillità e riposo tutto comincia a rodarsi e iniziamo a vedere i passaggi che possiamo provare e salire, tanto qualcosa ci sfuggirà sicuramente ma le linee che ci attraggono maggiormente non possiamo lasciarle senza le nostre impronte. Chi arrampica lo sa già, quando si gira nelle falesie o tra i boulder a un certo punto qualcosa attira l’attenzione come se vi parlasse e la dovete salire, semplicemente perché è li e vi sta aspettando.

-Pietra del Toro mi affascina le linee e la roccia sono congeniali al mio modo di arrampicare quindi non riesco a risparmiare le forze, ogni tentativo su ogni linea lo faccio al massimo e le condizioni fisiche presto scenderanno ai minimi storici ma non riesco a trattenermi. Non provo i blocchi di gara, perché c’è troppo caos, non riuscirei a godermi le mazzate che questi massi mi regalerebbero (e ne ho prese tante; ndr) ma linee nei settori che in molti stanno evitando preferendo la nuova parte ripulita proprio per il festival. L’ultima giornata quando oramai la ressa è finita ho provato qualche passaggio nuovo che mi ha definitivamente pestato senza regalarmi soddisfazioni lasciandomi proprio quella voglia di tornare e continuare a provare.

Nelle righe superiori avevamo accennato all’ottimo cibo e all’ospitalità esagerata ma non abbiamo ancora avuto modo di parlarvene, il titolare del B&B dove alloggiava Enrico ci ha invitato e concesso l’uso della doccia nonostante non tutti alloggiassimo da lui, al ristorante dove abbiamo mangiato tutte le sere si sono sbattuti per trovarci gli gnummareddi e farceli assaggiare, infine tutta l’organizzazione che ha permesso il campeggio nel campo sportivo con annessi bagni che non guastano mai!

pietra del toro-8678Se venite in zona comunque non si può non andare a fare una passeggiata a Pietrapertosa e gustarsi lo spettacolo delle dolomiti lucane e magari se è aperto farsi anche un giro sulla teleferica del volo dell’angelo una delle più lunghe traversate su cavo d’europa.

Spettacolo!
Enjoy the Ride.

Bismantova

Non mi rimane facile ritornare a scrivere un post dopo tanto tempo, il viaggio attraverso le Alpi oramai ha finito i suoi effetti e siamo rientrati nella routine quotidiana. Questo fine settimana lungo ci aiuta a fuggire di nuovo dal lavoro e ritornare a spasso per l’italia, decidiamo di visitare la pietra di Bismantova un bel promontorio di calcarenite che si erge dall’appennino reggiano.GNAP4915 Partiamo il sabato mattina presto e dopo quattro ore di viaggio tranquillo arriviamo a destinazione, il meteo è clemente e ci fa godere un pomeriggio di bouldering tra i massi ai piedi della parete. Verso sera però si mette a piovere giusto in tempo per trovare un grazioso b&b a Castelnovo ‘ne Monti per evitare di pernottare in tenda sotto la pioggia, e il primo giorno è andato nel miglior modo possibile: viaggio tranquillo, un po’ di boulder e infine una bella dormita comoda. bismantova-8659.jpgIl secondo giorno invece decidiamo di fare la ferrata degli alpini aspettando che le vie si asciughino un po’ e in cinque minuti dal parcheggio siamo all’attacco della via che in circa un oretta ci porta in cima alla pietra direttamente nel settore dove alcuni ragazzi stanno piazzando delle highline e Lorenzo già non vede l’ora di andare a provarle a farci due passi, ma questo desiderio che rimanderemo al giorno successivo svanirà nella nebbia.

20170416_103621

175m di linea!

Ritorniamo al parcheggio mangiamo qualcosa e prendiamo le corde e diamo l’attacco alle vie della Pietra di Bismantova. Come al solito non all’inizio ma dopo un leggero e necessario rodaggio sul modo di arrampicare prendiamo il via e iniziamo a divertirci su questa roccia molto particolare e non proprio adatta a essere scalata con l’umidità post-pioggia. Arriviamo al momento della birra e non abbiamo ancora deciso come pernottare, il prato in piano in cima alla Pietra sembra perfetto quindi facciamo cena al rifugio e con gli zaini pronti ci prepariamo a salire dopo aver mangiato. Appena usciamo dal ristorante un bel acquazzone ci sorprende e ci obbliga a cambiare i piani, ora comincia il divertimento. Durante il giorno abbiamo cercato qualche riparo per la notte, anche nel vicino cantiere dell’eremo che nell’emergenza poteva essere un opzione da valutare, ma entrando in una stanza piena di puntelli e un paio di confessionali “qualcuno” si è opposto vivamente facendoci optare per il piano b, ovvero: trovare una tettoia illuminata (distributore di benzina); svuotare tutto il furgone e cercare di far spazio per quattro letti; rimettere tutto dentro e parcheggiare in piano.

IMG-20170417-WA0005

buongiorno!

Ovviamente dormire in uno spazio molto ridotto e in tanti non è una cosa molto ergonomica ma almeno non abbiamo dovuto passare la notte a schivare fulmini e gocce d’acqua per montare le tende e cercare di farle stare attaccate al terreno.  Dopo questa fragorosa dormita la mattina ci svegliamo in una nuvola che avvolge tutta la pietra e ci costringe a spostarci verso casa, così raccogliamo tutto e  ci dirigiamo verso il Furlo per trascorrere l’ultimo giorno di questa breve avventura .

 

Yaponiya? No, dietro casa!

A volte siamo affascinati dalle riprese nei video che ci fanno sognare con paesaggi giapponesi pieni di alberi imbiancati e neve perfetta, sembrano provenire da astratti racconti onirici talmente lontani da essere irraggiungibili. Invece proprio vicino casa nostra con le dovute condizioni si può galleggiare sulla neve sotto un cielo di rami imbiancati, dove il colore lo portiamo noi con la nostra fantasia. Lo abbiamo chiamato Yaponiya, come la pronuncia russa del paese del sol levante, per sottolineare l’evanescenza di questo luogo (si trova in italia, si pronuncia in russo, richiama il giappone e magari anche citato in un video americano. ndr). Molti di voi lo avranno già visto vestito solo di foglie verdi, oppure coperto da foglie cadute ma non vi diremo dove si trova perché anche se vi recherete lì, non sarà mai come lo abbiamo conosciuto noi, potrà anche essere migliore ma senza dubbio diverso. Gli Appennini regalano anche questo quando arriva una bella perturbazione fredda e ventosa da nord occasione da non farsi sfuggire. Questo è ciò che abbiamo visto e surfato in una domenica di gennaio.

Conoscere… Mappe a portata di click

fatmap_home

La home del sito fatmap

Durante il viaggio ho sentito la necessità di conoscere meglio il terreno di gioco che ci circondava, non mi piace prendere guide anche se a volte è necessario, mi toglie quella parte di “scoperta” che dà più gusto. Questo non significa buttarsi a occhi chiusi da un burrone, ma significa che le informazioni necessarie bisogna ricercarsele ovunque si possano reperire, Cartine IGM, Google Earth poi ci sono tutte le info riguardanti le condizioni nivometereologiche e meteo. Durante questo viaggio ho scoperto un nuovo strumento che ancora non è disponibile per tutte le località ma stanno ampliando il loro database; è un applicazione simile a Google Earth ma specifica per chi frequenta la montagna in inverno, si chiama Fatmap, fate un giro sul loro sito e ne rimarrete affascinati. Speriamo che questo tool riesca a diffondersi cosi da poterlo utilizzare ovunque. Poter conoscere in anticipo e studiare un percorso a tavolino prima di prendere sci e pelli e salire offre enormi vantaggi in termini di tempo. Forse mi faccio prendere troppo la mano dall’entusiasmo, sicuramente ciò che scrivo non è stato ponderato in termini di sicurezza responsabilità e quant’altro ma l’idea di poter sognare una linea e aspettare le condizioni per poterla scendere è un po’ come acquistare un biglietto della lotteria; costa poco, non vinci mai, ma se ci prendi ti cambia la vita! Per ora evviva Fatmap!

fatmap_map

una mappa consultabile dal sito Fatmap

Neve di casa

20170224_184748Ora scrivo da casa, il viaggio in giro per le Alpi si è appena concluso con un intenso weekend a Bolognola. Il tragitto da Sella Nevea a “casa” è stato all’insegna dello slow – long -travel per non dire epopea, come tutto il viaggio del resto solo che  stavolta la tratta è stata più impegnativa e la stanchezza si è fatta sentire. Viaggiare a 80 Km/h dovendo controllare un oscuro e criptico quadrante per tenere sotto controllo la temperatura dell’acqua e non maltrattare il motore non è la cosa più rilassante che si possa fare ma alla fine ci si prende l’abitudine e si ritorna indietro di trenta anni a quando l’elettronica nelle auto era rilegata solo all’autoradio. Comunque ora prendendo un respiro profondo e pensando al viaggio con i ricordi ancora nitidi mi rendo conto che piano piano senza accorgersi abbiamo attraversato tutte le Alpi dalle Liguri alle Giulie, sciato su ogni tipo di neve e ammirato panorami mozzafiato, siamo diventati inconsciamente parte di quel popolo che viaggia assorbendo ciò che li circonda, perdendosi per poi ritornare seguendo un evanescente fenomeno atmosferico. Difficile spiegare se siamo orgogliosi di esserci riusciti, se essere felici per le condizioni che abbiamo trovato, se sentirci cresciuti per aver imparato cose nuove ma forse la frase giusta raccoglie le parole: siamo tornati diversi, ne migliori ne peggiori solo diversi. Sarebbe bello non smettere mai di tornare diversi!

20170226_103036Girovagando per le sorelle maggiori dei nostri Appennini, le Alpi, ci siamo dovuti adattare e imparare a conoscere un altro manto nevoso. Tornare a Bolognola, dove dai del ‘tu’ ai monti che ti ospitano fa tutto un altro effetto, ti senti al sicuro e ti lasci prendere dall’euforia, cominci a giocare a divertirti come quando eri bambino e c’erano li i tuoi genitori a preoccuparsi di mandare tutto per il meglio. Il bello di essere a casa.

Vorrei ringraziare tutti i nostri compagni di giochi, che con le loro brutte facce ci fanno compagnia ovunque ci sia da fare qualche cazzata, che quel giorno che sei stanco comunque ti fanno caricare e ripartire a tutto gas! Grazie! (non faccio nomi ma Voi lo sapete)
Infine un Grazie anche a Giorgio e Alessia di Snowy Summits che ci hanno sempre supportato e consigliato sulle attrezzature e abbigliamento.

Enjoy the Ride!

Dalla Francia alla Slovenia

20170224_103943

Rifugio Celso Gilberti

Era nelle nostre intenzioni fin dall’inizio, un avvio complicato ci aveva offuscato la speranza di realizzare questa traversata alpina ma alla fine questa avventura è riuscita! Come in una battaglia ci sono stati giorni duri, giorni di speranza e anche qualche giorno di gloria. In fondo, però, quello che rimane sono le storie e gli stati d’animo intensi che si vivono in un esperienza simile, trascorrere un mese insieme può essere un incubo o una cosa fantastica, in questo caso è stato stupendo poter condividere momenti con la persona che amo. Dopo quattro settimane le storie si sono accumulate, alcune le avete già lette, altre le riserveremo per raccontarle al bar davanti a una birra, altre rimarranno tra noi e il nostro camper 😉 . Dall’inizio nostalgico potrete capire che il viaggio sta quasi per concludersi e Sella Nevea è un degno finale. Le previsioni hanno messo possibili nevicate, deboli ma probabili, quindi speriamo di surfare altra neve fresca al monte Kanin ma purtroppo le temperature alte e il vento ci relegano al piazzale della funivia per un giorno.

16903587_1559762804041854_1236638303742974025_o

in attesa della neve

Il  seguente pur di fare un paio di discese siamo comunque scesi in pista in mezzo alla bufera e un paio di discese per “smarcare” il cartellino era doveroso! Niente di eclatante ma il breve assaggio ci ha fatto venire voglia di “assediare” il monte Kanin. A presto, Sella Nevea torneremo!

Quattromilaquattrocentoquarantaquattro

« È lunga come il purgatorio, scura come il temporale, la scala che ti porta lassù, sull’Altopiano di Asiago. Quattromilaquattrocentoquarantaquattro gradini, ripidi da bestie, faticosi già a nominarli. Partono dalla Val Brenta, sotto picchi arcigni, nel punto dove la valle – per chi viene da Bassano – sembra spaccarsi in due, all’altezza di un paese chiamato Valstagna, con la sua muraglia di vecchie case a filo d’argine. L’erta prende la spaccatura di sinistra e brucia in un lampo 810 metri di dislivello. Si chiama «Calà del Sasso», ed è una delle opere più fantastiche delle Alpi.» (cit. Paolo Rumiz)

gnap4020

Calà del Sasso

Questa è la descrizione, che leggendo il libro “I monti naviganti” ci ha portato fino a Valstagna un piccolo borgo lungo la Valsugana vicentina dove nel XIV secolo venne costruita questa scala che la collega con l’altopiano di Asiago, più precisamente al borgo di Sasso. Una delle più lunghe scalinate del mondo che veniva usata per portare a valle il prezioso legname dell’altopiano fino al Brenta, poi imbarcato e portato a Venezia. I gradini sono affiancati da una cunetta fatta appositamente per permettere lo scivolamento dei tronchi che all’epoca veniva fatto a mano tirandoli verso valle.

 

La giornata non è esattamente splendida ma per come siamo in Febbraio e qui dovrebbe solo esserci neve e ghiaccio possiamo dire che almeno è “buona”, non fa freddissimo e si cammina bene. Al bar di Valstagna prendiamo un caffè e l’operaio comunale che incontriamo ci fa anche un po’ da guida turistica indicandoci la strada per arrivare alla Calà del Sasso in dialetto veneto stretto e annuendo a ogni sua parola pur non capendo nulla iniziamo la camminata. Fortunatamente ci imbattiamo in un paio di indicazioni che ci dirigono dalla parte giusta poi il gioco diventa più facile, le strade da queste parti non sono moltissime e imboccare quella sbagliata sarebbe difficile.

ale-cala-del-sasso-8636

la parte finale con un po’ di ghiaccio

Quattromilaquattrocentoquarantaquattro, sembra uno scioglilingua ma è uno sciogli gambe! I gradini sono veramente un infinità e anche se la scalinata risulta facile da salire, comunque si fanno sentire. C’è qualcosa di magico sapendo di percorrere qualcosa costruito settecento anni fà che ancora resiste e questo allevia un po’ l’affanno. Comunque questa strada venne costruita per “scendere” ed è proprio scendendo che si ha ancora la sensazione di vedere gli uomini tirare giù i tronchi lungo la canaletta fino al Brenta. Siamo rimasti esterrefatti dalla facilità con cui gradino dopo gradino siamo scesi, non è una scala con le pedate piatte e lisce ma ci si cammina come se lo fosse e velocemente abbiamo fatto ritorno a Valstagna e al nostro camper per un meritato pranzo!

 

C’è anche una leggenda che vede protagonisti due promessi sposi e la scalinata ve la posto cosi come recita il cartello all’inizio:”Nel 1638 una dama dell altipiano, Loretta, in attesa di un figlio dal compagno Niccolò, nell’imminenza del matrimonio fu colpita dalla peste. Il futuro sposo, scesa la Calà, noleggiò un cavallo a Valstagna e si precipitò a Padova alla ricerca di un unguento miracoloso che la potesse curare. Scesa la notte, gli abitanti del Sasso, non vedendolo arrivare, partirono con le torce per andargli incontro, ma scendendo la Calà videro altre luci che risalivano la mulattiera: era Niccolò scortato dai Valstagnesi che lo stavano riportando verso casa con la medicina per Loretta. L’unguento guarì la sposa ed al matrimonio parteciparono, in segno di amicizia, numerosi abitanti di Sasso e di Valstagna. Da allora si narra che se due innamorati percorrono assieme la Calà, mano nella mano, si ameranno per sempre.” Aggiungerei, dopo averla percorsa, che se lo fanno mano nella mano per tutti i quattromilaquattrocentoquarantaquattro gradini probabilmente resteranno insieme per il resto della loro vita che terminerà sicuramente prima della fine della scala! 😀

Enjoy the Ride Scala!

Rock revenge!

Meteo con una settimana di sole? No problem, si scala! Da Marilleva la destinazione più ovvia per proseguire con l’#insidiatour è scendere ad Arco e buttarla sull’arrampicata in qualche falesia vicina e cosi dopo una giornata dedicata a sistemare il nostro “insetto scoppiettante” e fare il bucato nell’area sosta di Torbole puntiamo in direzione Nago per fare due tiri al Belvedere. Falesia rinomatissima e in questi periodi non affollata, infatti eravamo noi e due guide del posto che stavano cambiando le soste delle vie, lavoro che data l’affluenza devono svolgere per conto del comune di Arco ogni sei mesi.

GNAP3979.jpgL’arrampicata comunque è uno sport geloso che se lo lasci anche solo per un piccolo periodo se ne accorge e ti butta letteralmente di sotto, infatti oggi abbiamo preso sonori schiaffi dalle vie che abbiamo provato e siamo ritornati con molta modestia e molta ghisa al camper. Non ci sono né gloria né perdono per un arrampicatore prodigo che ritorna alla falesia! Comunque tutto serve per ritrovare la motivazione e la voglia di allenarsi per la nuova stagione di arrampicata che sta per iniziare.

Enjoy the Ride!

Il rovescio della medaglia

Come vuole la frase di circostanza ogni medaglia ha il suo rovescio e dopo una giornata piena ne arriva una cosi cosi, per svariate circostanze: un po’ perché se il giorno prima hai dato tanto poi sei stanco e quando sei stanco basta poco per farti girare dalla parte sbagliata.

img_20170219_123317Marilleva, il posto è accogliente, le piste curate e divertenti da scendere ma è l equivalente psicologico di una domenica pomeriggio al centro commerciale, poi non vi dico se capitate nei Polish days! Periodo nel quale una martellante campagna turistica rapisce gran parte della popolazione polacca la veste di casco e sci da carving e li trapianta a Marilleva e Folgarida, non ho nulla contro la Polonia ma sono refrattario all’enorme casino dato da eserciti di pullman e commando di carver.

Come dicevo una giornata sottotono.In più al mattino uno sciatore ha falciato Michela di netto e non si è divertita, nel primo pomeriggio ci ho pensato io a scivolare su una lastra di ghiaccio investendola nuovamente mettendola definitivamente KO. Decisamente una giornata a mezza via, in fin dei conti però aver ripreso la tavola dopo anni mi ha divertito, non ho piú lo stesso feeling che avevo prima, ma che importa.

Enjoy the ride!

P.s. per chi volesse e a chi piace il park di Marilleva è bello ferramentoso, rail e box ovunque e solo un saltino piccolo piccolo…